13 DIC - Presidente Berlusconi, abbiamo seguito questa mattina il suo intervento.Le debbo una risposta: perché sia credibile un appello ai moderati deve essere costruito sui fatti, non sulle chiacchiere.
Lei ha un solo modo per dimostrare che fa sul serio: evitare una ridicola conta parlamentare che nella migliore delle ipotesi le consentirà di vivacchiare.
Le sue dimissioni prima del voto alla Camera sono il test di onestà della sua proposta.
Tutto il resto non ci interessa.
Il suo discorso al Senato è stato condivisibile quantomeno nei toni, senza polemiche e per questo apprezzabile, ma non tanto da risultare credibile.
Perché contiene al suo interno tutte le contraddizioni di questi due anni e mezzo.
Il solito elenco dei presunti successi del governo, senza un briciolo di autocritica e soprattutto senza tenere conto di una maggioranza divenuta esigua, per non dire inesistente, e quindi virtualmente non in grado di mantenere vecchie e nuove promesse.
E' il solito film in onda da 16 anni e che da tempo non ci appassiona più.
Fli ed Mpa sono uscite dall'Esecutivo, ma come al solito lei attribuisce le responsabilità agli altri e non accenna a un minimo di autocritica.
Vorrei ricordarle che l'espulsione di Fini dal Pdl non l'abbiamo certo decretata noi.
Non ho la sfera di cristallo e non sono in grado di prevedere come si concluderà questo passaggio parlamentare sulla sfiducia.
Al netto dello spettacolo indegno che ancora una volta si è voluto dare in questi giorni.
Al netto delle scandalose compravendite di queste ore, che offendono e mortificano le nostre istituzioni.
Al netto degli insulti e dei tradimenti, quello che so è che domani, anche se il Governo Berlusconi dovesse ottenere la fiducia, uscirà da questa aula duramente sconfitto.
Vede, presidente, lei è entrato qui alla Camera due anni fa, il primo giorno della legislatura, con una maggioranza che nemmeno De Gasperi aveva mai avuto: una maggioranza di 65 deputati.
Se è fortunato, domani, prevarrà per uno o due voti.
Ma questo ormai era chiaro da mesi, almeno per noi dell'Unione di Centro.
E infatti eravamo stati i primi ad indicarle l'unica via d'uscita possibile nell'interesse del Paese.
La via dell'ammissione delle difficoltà in cui si trova l'Italia per ragioni interne e internazionali. Un appello al senso di responsabilità di tutte le forze politiche presenti in quest'aula.
L'apertura di una crisi formale sarebbe stato l'unico atto capace di dare credibilità ai propositi di coinvolgimento dell'opposizione.
La nascita conseguente di un governo di unità nazionale capace di assumere decisioni anche impopolari sarebbe stata l'unica via seria per fermare il declino.
Lei avrebbe potuto essere il protagonista principale di questa nuova stagione e noi eravamo pronti a riconoscerle questo ruolo.
Ed è per questo che il discorso di oggi è anche colpevolmente tardivo.
Perché se lo avesse pronunciato in quel momento, onorevole Berlusconi, oggi si troverebbe in una situazione ben diversa: invece ha preferito rinchiudersi nel suo fortino, incatenarsi alla sua poltrona e obbligare un Paese sempre più sfibrato e distante a seguirla fin qui.
La verità è che lei oggi è qui non per il bene dell'Italia, ma solo per mostrare i muscoli ancora una volta.
Vuole ottenere la fiducia per cantare vittoria e scatenare le sue potenti fanfare.
E' anche possibile che lei ottenga questa fiducia risicata, ma tolti i fronzoli della propaganda, lei uscirà da questa prova non come un gigante, ma gravemente ridimensionato e incapace di assumere qualsiasi decisione.
Gli italiani affrontano tutti i giorni una realtà che è ben diversa dalla quella che ama raccontarci lei.
Tra pochi giorni si chiuderà il primo decennio del duemila.
E' tempo dunque di tirare qualche bilancio.
Lei, presidente, non è mica qui di passaggio!
Ha governato per otto di questi dieci anni e dunque questo sarà ricordato come il decennio di Berlusconi.
I risultati? Dal 2000 al 2010 l'Italia è il Paese che in tutto il mondo è cresciuto meno dopo Haiti.
Siamo 179esimi su 180.
Il nostro debito pubblico è cresciuto di quasi 20 punti percentuali sul Pil, per cui quando afferma che senza di lei ci sarebbe il ritorno ai governi del debito della Prima Repubblica, dimentica di dire che il suo è un governo da Prima Repubblica.
Piuttosto da quegli anni lei dovrebbe trarre qualche utile insegnamento.
Impari da Fanfani, che non esitò a dimettersi quando si trovò in situazioni analoghe alle sue!
Tornando ad oggi: la disoccupazione investe un giovane su tre.
Il 5% delle famiglie non riesce a pagare il mutuo.
Fasce consistenti di ceto medio scivolano sotto la soglia di povertà.
I poliziotti assediano anche oggi la Camera, stufi di pagare sulla propria pelle l'iniquità dei tagli lineari.
I disabili restano sempre più soli per via del diniego del Governo di ratificare i livelli essenziali di assistenza, a cui pure aveva dato l'assenso il ministro della Salute Fazio.
Dobbiamo continuare? Dobbiamo parlare di Bonus famiglie, social card, piano casa, banca del sud?
Qui siamo alla frutta.
E continuiamo a elevare inni al dio bipolarismo, che in due legislature ha dimostrato l'impossibilità di guidare questo Paese.
E l'unico alleato che le è rimasto, la Lega, in questi due anni e mezzo ha riempito il Paese di slogan come le ronde, di provvedimenti populisti, preoccupandosi solo di riempire poltrone con i suoi uomini.
L'Italia di oggi dunque, soffre e sta peggio dell'Italia di dieci anni fa.
Non poteva essere altrimenti del resto, con un presidente del Consiglio attento più agli interessi particolari che a quelli dei cittadini italiani.
Ecco dunque perché non ci stanchiamo di dire che l'Italia ha bisogno di un nuovo governo, più ampio, autorevole.
Di pacificazione, di responsabilità nazionale.
Per mettersi al sicuro dai rischi della speculazione internazionale e per tornare a crescere, poiché siamo tra quei Paesi che in Europa crescono di meno.
Altro che minacciare nuove elezioni!
Ecco perché, con coerenza, domani voteremo per la 38esima volta la sfiducia al governo Berlusconi.
Ecco perché, se il governo cadrà, domani saremo ancora una volta i primi a fare appello a tutte le forze responsabili in questo Parlamento perché mettano in secondo piano gli interessi di parte e pensino solo a quelli del Paese.
Se il governo, invece, si salverà per il rotto della cuffia, continueremo con la nostra opposizione repubblicana, non ideologica ma responsabile e attenta al contenuto dei singoli provvedimenti.
Convinti che i nodi siano comunque venuti al pettine.
Vede, presidente Berlusconi, gli italiani due anni e mezzo fa, dopo il fallimento del disastroso governo Prodi, non chiedevano altro che un governo ed un presidente del Consiglio autorevoli.
Lei, promettendo come sempre qualcosa di più, si era dipinto come "l'Uomo della Provvidenza".
Parla come un marziano arrivato in Italia l'altro ieri, e invece governa da 20 anni.
Oggi i fatti dimostrano che non può essere questo governo a portarci fuori dalla crisi.
Noi lo sappiamo da tempo.
Gli italiani se ne sono resi conto sulla loro pelle.
Domani o fra poche settimane dovrà prenderne atto anche lei.
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